GENITORI E INTERNET: ISTRUZIONI PER L’USO?

Pochi giorni fa mi è stata posta una domanda: “quali potrebbero essere degli strumenti da fornire ai genitori per aiutarli nella gestione del rapporto tra i loro figli e le nuove tecnologie, in particolare le chat come WhatsApp e i social network come Facebook?”. La risposta non è scontata né semplice. È opportuno analizzare alcune premesse che stanno dietro a questa tematica.adolescenti-internet

In primo luogo, è vero che l’accesso alle nuove tecnologie avviene in una fase sempre più precoce dello sviluppo personale e relazionale dell’individuo. Non a caso, i nati dopo il 2000 vengono definiti Nativi digitali (Livingstone, 2009), a sottolineare il nuovo mondo, tecnologizzato, in rete, a portata di touch-screen in cui si sono trovati immersi e in cui hanno imparato a sguazzare, molto meglio di coloro che in linea teorica dovevano insegnar loro a farlo. Questo mondo inoltre non è più relegato a quello della scrivania, della stanza (magari il salotto, perché di computer un tempo ce n’era uno per tutta la famiglia e andava condiviso) e dei tempi di connessione che la giornata di studio/lavoro permetteva; ora la Rete è in tasca, nello zaino di scuola, a portata di mano grazie al telefono cellulare che oramai tutti posseggono. Esso permette, in un attimo, di accedere a qualsiasi portale, a qualsiasi chat e qualsiasi social network, grazie alle innumerevoli App che si possono scaricare (spesso gratuitamente) e installare sul proprio apparecchio. Un mondo di condivisione e di relazione a cui ognuno accede in forma privata, nel momento e nel luogo che ritiene più opportuno, senza più vincoli di spazio e tempo.

In secondo luogo, come dicevamo, nella maggior parte dei casi sono i ragazzi i veri esperti di questa realtà. Non nel senso che ne conoscono le sfaccettature e le implicazioni, ma che sanno in quali siti andare, quali App scaricare, come fare a restare in contatto con i propri amici o conoscerne di nuovi. Spesso i genitori sono spaventati proprio da questo, dal fatto che i loro figli siano immersi in un mare di cui loro non sanno nulla, in cui, pensano, “chiunque potrebbe perdersi”. È vero in parte! Ma la soluzione, il più delle volte, diventa automaticamente quella di impostare il Parental Control[1] sui dispositivi dei figli; ottima scelta, se non fosse che una recente indagine del MOIGE (Punto-Informatico, MOIGE, quello che i genitori non sannohttp://goo.gl/XpuYP) ha rilevato come una minima percentuale di genitori ricorra a questo strumento: “solo il 7,8 per cento dei genitori a dichiarato di aver implementato software specifici per il controllo della navigazione”. Inoltre, anche qualora venisse utilizzato, è un sistema che può presentare delle falle. In particolare, è un sistema aggirabile, e quindi alcuni siti “indesiderabili” possono comunque essere aperti. In secondo luogo, sono molto spesso i ragazzi stessi a spiegare a noi adulti come questo sistema si possa eludere, o anche neutralizzare. Sembra quasi una battaglia donchisciottesca contro i mulini a vento, se ci mettiamo a gareggiare con chi questi strumenti li ha conosciuti così presto e così magicamente li ha imparati.

Non tratterò qui il tema di quanto sia giusto o meno “spiare” le attività che i figli fanno in internet; né mi occuperò di spezzare una lancia nei confronti di internet, social network e chat; mi limito solo a constatare e affermare che è un fenomeno sempre più presente nella vita di tutti i giorni, in continua crescita, e che molto probabilmente sarà sempre più presente (Bedini, 2012; Riva, 2010). Possiamo demonizzarlo o lodarlo, oppure farci solo i conti, ricordandoci che anche il cinema, quando comparve, terrorizzò i genitori al punto da spingerli a spiare i figli e a temere che trascurassero libri, amicizie e vita all’aria aperta! Non è lo strumento in sé forse il problema, ma il fatto che sia nuovo, e in parte ancora sconosciuto.

Detto questo, posso tentare di dare una risposta alla domanda da cui siamo partiti. Non ci sono strumenti che si possono fornire in totale sicurezza e, a rischio di apparire banale, evidenzio semplicemente che è importante che i genitori possano avere un confronto e un dialogo con i figli su questo tema. Devono poterli consigliare, guidare, e ascoltare quando ci saranno le difficoltà! Fargli presente che è un mondo vastissimo, che si allarga ben oltre i confini della propria stanza e della propria città; che dietro a quello schermo si può nascondere chiunque, perché lo schermo è come una maschera, possiamo essere chi vogliamo, fare quello che vogliamo! Dobbiamo riconoscere che tutto ciò che mettiamo online resta online, anche se noi ci siamo pentiti di averlo pubblicato. Che chiunque, nel momento in cui accede a ciò che noi abbiamo prodotto, può prenderlo e farne l’uso che ne vuole[2]!

Un esercizio che io a volte consiglio è quello di accedere ai social network da un altro profilo e mostrare alla persona, in questo caso ai figli, come esso appaia agli occhi di un esterno; questo per un semplice fatto, perché è facile vederci e considerarci in un certo modo; altra cosa è vedere come possiamo essere visti e considerati da fuori! È oltretutto un servizio che anche un social network come Facebook offre agli utenti, dando la possibilità di verificare come gli altri utenti, amici e non, possano vedere ciò che noi abbiamo messo in rete.

È ovvio che per fare questo i genitori devono essere sufficientemente preparati su ciò di cui stanno parlando. Potrebbe quindi valere la pena non fidarsi esclusivamente delle informazioni lette sui giornali e sentite in televisione; ricordiamo che quelli sono pur sempre casi limite, che si possono verificare anche quando parliamo di film violenti, serie tv e persino programmi per bambini[3]. Ecco che allora, prima ancora di parlarne coi ragazzi, sarebbe opportuno fare un giro in questi siti, magari iscriversi e provarlo per qualche giorno (la cancellazione è sempre possibile e richiede un semplicissimo passaggio); poi si può fare con loro i primi passi, quindi accompagnarli in questa esplorazione, guidarli, consigliarli, e solo dopo lasciare che vadano avanti con le proprie gambe. Non dimentichiamo di essere presenti, non prevenuti, con un occhio in quella direzione ma anche con una consapevolezza: il mondo sta cambiando, non lo possiamo impedire. Possiamo però aiutare i nostri figli a conoscere questo mondo, magari in un processo reciproco che ci guidi in un cammino di consapevolezza, responsabilizzazione e, perché no, di buon senso.

 

Bibliografia

Bedini, E. (2012) Le identità virtuali. Quello che la sistemica dice e quello che non dice. In Mosconi, A. Pezzolo, M. Racerro, G. (a cura di) Identità sistemiche. Atti del Convegno Nazionale 2012 del Centro Milanese di Terapia della Famiglia. Centro Padovano di Terapia della famiglia.

Livingstone, S. (2009) Children and the Internet. Great expectations, Challenging Realities (trad. it. Ragazzi online. Crescere con internet nella società digitale. Milano, Vita & Pensiero, 2010).Riva, 2010

Riva, G. (2010) I social network. Bologna, Il Mulino.

Bibliografia consigliata

Gardner, H., Davis, K. (2014) Generazione App. La testa dei giovani e il nuovo mondo digitale. Milano, Feltrinelli.

Giaccardi, C. (a cura di) (2010) Abitanti della rete. Giovani, relazioni e affetti nell’epoca digitale. Milano, Vita & Pensiero.

Mariani, U., Schiralli, R. (2011). Nuovi adolescenti, nuovi disagi. Dai social network ai videogames, allo shopping compulsivo: quando l’abitudine diventa dipendenza. Milano, Mondadori.

Paccagnella, L. (2000) La comunicazione al computer. Bologna, Il Mulino.

Riva, G. (2008) Psicologia dei nuovi media. Bologna, Il Mulino.

Tani, F., Tapinassi, M. (2013) Abuso di internet e disagio psichico in adolescenza. Psicologia e scuola, 27: 19-24.

Tosoni, S. (2004) Identità virtuali. Comunicazione mediata da computer e processi di costruzione dell’identità personale. Milano, FrancoAngeli.

Turkle, S. (1996) Life in the screen. Identity in the Age of the Internet. New York, Simon & Schuster (trad. it. La vita sullo schermo. Nuove identità e relazioni sociali nell’epoca di internet. Milano, Apogeo, 1997).

Wallace, P. (1999) The Psychology of Internet. Cambridge, Cambridge University Press. (trad. it. La psicologia di internet. Milano, Cortina, 2000).

[1] Si tratta di un’impostazione che impedisce al dispositivo di accedere ad alcuni contenuti della Rete; è comunemente usato per i siti pornografici e il gioco d’azzardo online.

[2] Per chi non ci crede, vedere i regolamenti di Facebook. L’iscrizione comporta infatti la totale libertà della Compagnia di utilizzare il nostro materiale online per qualsiasi scopo.

Consiglio, a questo proposito, un video recuperabile su Youtube all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=qYnmfBiomlo

[3] Tanto per fare un esempio, negli anni ’80 il programma per bambini e ragazzi “Power Rangers” in America fu sospeso, perché un bambino aveva ucciso un altro bambino imitando le mosse di combattimento dei protagonisti.

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