LA COPPIA IN CONSULENZA

Nella pratica clinica, capita di frequente che la coppia scelga spontaneamente di presentarsi ad una seduta congiunta; altre volte è necessario che, dopo un colloquio preliminare con uno dei due partner, sia conveniente o addirittura necessario chiedere la presenza dell’altro all’incontro successivo. Questo tipo di intervento è idoneo per quei casi in cui le informazioni raccolte dalle parole di una sola persona non siano sufficienti, o nel caso sia indispensabile ascoltare il parere dell’altra persona sull’obiettivo che si desidera raggiungere.

Statisticamente, è il membro femminile a spingere il partner a rivolgersi a un consulente; non è infrequente, tuttavia, specie in questi ultimi anni, che sia l’uomo a decidere di sottoporsi a un servizio di consulenza o a una psicoterapia. Il fatto poi che coinvolga il partner dipende dalla problematica, ma nel corso della nostra esperienza abbiamo assistito a una prevalenza di casi con la coppia congiunta.

Le problematiche

Quando la coppia arriva in consulenza può portare numerose difficoltà: le coppie giovani vengono più raramente e portano problematiche relative alla sessualità o al rapporto con le famiglie di origine, a volte determinanti nelle loro scelte per la futura vita insieme. Le coppie più avanti con gli anni, sposate da tempo e con figli, si trovano invece ad affrontare altre situazioni, non di rado legate alla fase del ciclo vitale in cui la coppia o la famiglia si trova al momento della richiesta di sostegno.

Solitamente non si rivolgono a uno specialista le coppie di neogenitori, perché pur vivendo una fase delicata in cui devono occuparsi di un nascituro, con tutti disagi che questo comporta (ridefinizione dei ruoli e degli orari, nuove responsabilità, ecc.) sembra che il sostegno di amici, parenti e genitori sia sufficiente per la coppia a sostenere le momentanee difficoltà. È maggiormente sentito il periodo di adolescenza dei figli, psicologicamente rilevante per i ragazzi come per le famiglie: è la fase in cui ci si trova ad affrontare radicali cambiamenti psicofisici e sociali, nuovi modi di pensare e di agire, si conquistano nuove possibilità e si inizia ad allontanarsi dal nucleo familiare per esplorare nuove relazioni all’interno del contesto sociale. I genitori hanno il difficile compito di sostenere i figli, gestendo in particolare un complesso gioco di avvicinamento e allontanamento da essi, consentendo loro, allo stesso tempo, di distaccarsi e di ritornare ad un “luogo sicuro” all’interno della famiglia d’origine. Molto spesso la coppia deve sapere mantenere il proprio ruolo attuandone però una modificazione allo scopo di adattarsi alle nuove esigenze. Non è raro che ci si trovi di fronte a difficoltà e bisogno di sostegno da parte di uno specialista. Un’altra delicata fase legata al ciclo di vita familiare è quella denominata del “nido vuoto”: è il momento in cui i figli, ormai adulti, hanno completato la loro crescita e il loro processo di distacco, arrivando a formare una nuova famiglia e ad abbandonare la casa dei genitori. La coppia, dopo decenni in cui aveva rinunciato alla propria intimità e al proprio ruolo diadico, è ora chiamata ad affrontare nuovamente una fase solitaria, dove i partner hanno tempo per loro e possono dedicarsi l’uno all’altro. Se la coppia non è solida e pronta a questo cambiamento, può accadere che sia incapace di gestire il nuovo ruolo e non sappia farsi tesoro delle nuove possibilità personali; non è raro che in questa fase si tentino nuove strade al di fuori delle mura domestiche, come ad esempio nuove amicizie, nuove attività e nuovi progetti. Ma è fondamentale che siano entrambi i partner a condividere queste iniziative, perché in caso contrario uno dei due membri rischierebbe di vedersi privato del partner, oltre che dei figli ormai adulti.

Una trattazione a parte meritano i cosiddetti “eventi para-normativi”, ovvero quegli eventi che non tutte le coppie sono necessariamente chiamati ad affrontare nel corso della propria vita[1]: ne sono un esempio la morte del coniuge, una malattia, la perdita del lavoro o il divorzio della coppia[2]. In quei casi il supporto di uno specialista può essere davvero importante, in quanto ci si può trovare di fronte ad elaborazioni del lutto, vissuti depressivi e una marcata difficoltà nell’accettare e soprattutto superare l’avvenimento e il conseguente mutamento dei ruoli e delle relazioni. Questo non solo per il familiare direttamente interessato, ma anche per coloro che risentono dell’evento e dello stato psico-fisico dei congiunti.

Facendo un discorso più generale, le motivazioni che spingono una coppia a richiedere una consulenza sono dei più disparati e non si possono che ricondurre a delle macro-categorie: difficoltà nella gestione dei figli, mancanza di comunicazione tra i coniugi, disfunzioni o problematiche sessuali, incomprensioni reciproche, assistenza in un percorso di separazione, e via dicendo. Alcuni di questi aspetti sono riservati a una specifica figura professionale (sessuologo, educatore, ecc.), mentre altri possono richiedere un percorso specializzato a seconda della coppia che ci si trova nello studio. Nei primi anni di formazione, siamo rimasti colpiti dal numero di coppie che risentivano delle influenze dell’esterno, in particolare delle nuove tecnologie, dei social network e di internet. Può sembrare un argomento che non ha alcun collegamento con quanto stavamo dicendo, ma è importante tenere presente che la coppia, nella sua fragilità, può risentire di molti aspetti che possono non essere così ovvi ed immediati. L’accesso a questi strumenti ha aperto la porta a nuove possibilità/rischio, che possono andare dalla pornografia online, alle chat, ai social network, agli acquisti sconsiderati, ai giochi. Non è nostra intenzione denigrare tali strumenti, dato anche che ne stiamo facendo uso, ma semplicemente sottolineare alcuni rischi che si possono correre e alcune problematiche che abbiamo riscontrato nella nostra pratica clinica. È sempre più frequente incontrare utenti (generalmente uomini, ma non solo) che dal loro pc visitano siti ad esplicito contenuto sessuale: le conseguenze vanno dalle spese spropositate all’allontanamento dal partner, alla distorsione nei rapporti con l’altro sesso. Ad influire nel rapporto col partner non è solo un fattore psicologico, ma anche biochimico: l’eccitazione sessuale dipende da alcuni ormoni prodotti dal corpo umano, la dopamina e la feniletilamina. La continua visualizzazione di materiale pornografico produce una continua eccitazione e una sovrapproduzione dei suddetti ormoni; il cervello, sottoposto a questo iper-lavoro, può incontrare difficoltà a produrne ulteriormente nel momento in cui dovesse esserci bisogno. Per illustrare tale situazione, raccontiamo questo caso. Arrivano in sala di consulenza R., 35 anni, impiegato, e F, 32 anni, infermiera. Il motivo della loro visita è presto esplicitato dalla donna.

F: “Siamo venuti qui perché da qualche tempo io e mio marito non abbiamo rapporti sessuali.”

P: “Da quanto tempo non ne avete?”

F: (guarda il marito) “Ormai sono 11 mesi, l’ultimo è successo intorno al suo compleanno, ad ottobre.”

P. “Chi dei due solitamente prende l’iniziativa ad avere rapporti sessuali?”

F: “Solitamente sono io” (guarda il marito)

R: “Sì, di solito è lei”

P: (al marito) “Lei di solito come reagisce a questi approcci?”

R: “Beh.. prima alla fine ci stavo e lo facevamo, ma era anche più che altro per accontentare lei che… “

F: (al marito) “Sì, perché a te non te ne frega niente!”

R: “Non è che non me ne frega niente!”

P: “Se torniamo a 11 mesi fa.. Prima solitamente chi prendeva l’iniziativa?”

F: “Prima eravamo entrambi, ma lui di più”

R: “Sì, io di più…”

 

 

Dopo il colloquio preliminare, i consulenti decidono di separare momentaneamente i due coniugi. F. viene accompagnata in una stanza attigua, senza collegamenti con lo studio né possibilità di sentire. Il colloquio con R. rivela quanto segue.

R: “È vero che da 11 mesi non abbiamo rapporti. Il problema è che sono io a non avere voglia di fare l’amore con lei!”

P: “È successo qualcosa 11 mesi fa? Qualcosa che ha cambiato il suo modo di vedere sua moglie?”

R: “No, niente di particolare. È che io arrivo la sera tardi dal lavoro, mi attacco al pc e poi vado a letto. A volte sono troppo stanco anche per parlare”

P: “Si attacca al pc per lavoro?”

R: “No, non proprio. Controllo le mail, ma dopo un minuto ho finito e allora passo ad altro..”

P: “Qualcosa di importante?”

R: (ci pensa) “Da un po’ di tempo mi piace guardare i video porno; ne trovo tantissimi, così tanti che a volte ci potrei passare le ore. Mia moglie ancora non se n’è accorta, lei di solito è a letto a leggere o guardare la tv”

P: “E quando si stanca dei video va a letto, ma è troppo stanco o sua moglie sta già dormendo”

R: “Sì, ma anche se è sveglia a me non viene da fare l’amore.”

P: “Si eccita solo davanti ai video?”

R: “Sì, mi piacciono molto, ci sto un po’ di tempo e dopo la sera sono stanco, preferisco dormire o al massimo leggo un libro.”

P: “Pratica anche attività masturbatoria dopo aver visto questi video?”

R: “Sì, sempre!”

 

L’estratto che abbiamo presentato è l’illustrazione di un tipico colloquio con questi pazienti. Il quadro è ancora più complicato da altri aspetti; un’altra situazione legata alla rete è il gambling, o dipendenza da gioco d’azzardo. Molte persone (anche qui, generalmente uomini) passano ore davanti allo schermo del pc e si dedicano ai giochi online, a volte spendendo cifre sproporzionate e tralasciando altre attività, come il semplice stare con il partner; le mogli di questi pazienti, solitamente, si rifugiano nelle chat, nei social network o, nei casi estremi, tra le braccia di altri uomini. Gli specialisti del nostro settore trovano difficoltà ad intervenire in queste situazioni, in quanto, proprio per le caratteristiche del caso, nessuno dei due partner denuncia un malessere reale né si sente motivato ad intraprendere un percorso per cambiare la situazione.

Le modalità di intervento

Solitamente, come abbiamo già visto, entrambi i partner arrivano in consulenza. Compito del professionista è quello di lasciare spazio sia all’uomo che alla donna di parlare e di esprimere il proprio pensiero riguardo al problema che portano. Capitano quelle occasioni in cui uno o entrambi tendano al silenzio, nonostante la buona volontà iniziale, e quindi sia necessario penetrare a poco a poco le loro resistenze per arrivare alla questione essenziale; altre volte, lo psicologo può essere quasi un osservatore, che deve principalmente indirizzare il discorso e analizzare i punti non sufficientemente espressi dalla coppia.

Il rischio maggiore, quando si lavora con i coniugi (o fidanzati, o conviventi), è quello di subire un tentativo di seduzione da uno dei membri, che tenta, con il proprio eloquio o con la comunicazione non verbale, di portare lo specialista dalla sua parte, in una disperata alleanza contro il coniuge. Il compito in tal caso diventa anche quello di prestare attenzione a certe dinamiche e a non cadere nel tranello! Alcuni esperti suggeriscono di utilizzare, al posto del singolo psicologo, una coppia di consulenti o terapeuti, possibilmente uomo-donna ed entrambi eterosessuali, allo scopo di evitare preferenze e coalizioni tra gli utenti e gli specialisti.

È importante dare il sufficiente spazio ad entrambi i coniugi, astenersi da qualsiasi forma di giudizio e non cogliere le provocazioni; questo si raggiunge fornendo un clima accogliente, rispettoso, in cui la coppia si senta libera di esprimersi come meglio crede, mantenendo allo stesso tempo una certa forma di distacco, ricordando che il rapporto che si sta instaurando è pur sempre un rapporto utente-specialista.

Molte volte, lo abbiamo già accennato, può essere deleterio ai fini del percorso mantenere entrambi i coniugi nella stessa stanza per tutta la durata della seduta; se per alcune persone è difficile parlare delle proprie difficoltà davanti a un estraneo, può esserlo ancora di più se è presente anche il partner. Molte cose possono così sfuggire alla conoscenza del terapeuta, che perde importanti informazioni che sarebbero utili al suo lavoro. Nella nostra esperienza abbiamo visto che solitamente la coppia accetta di buon grado la momentanea separazione della coppia in due stanze divise: fornisce a ciascuno di essi l’opportunità di aprirsi completamente, senza il timore che il coniuge venga a conoscenza di quello che sta per dire.

È altresì deleterio, molte volte, decidere di separare la coppia una volta che il percorso è iniziato, proponendo che la terapia o la consulenza proseguano con uno solo dei membri; questo tende a colpevolizzare la coppia e a scatenare un meccanismo di auto-definizione con il problema portato in seduta. Noi tendiamo invece a proseguire con le stesse persone con cui abbiamo iniziato, fatto salvo alcune eccezioni. Al limite, si può decidere, dopo la seduta preliminare, che piuttosto di un incontro di coppia si può proporre un percorso ad uno dei membri o ad entrambi, ma in sedute separate, così da elaborare vissuti che non fanno parte della coppia ma sono semplicemente intrapersonali, pur nelle loro influenze sulla diade.

Conclusioni

In questo articolo volevamo sottolineare la ricchezza di contributi che anni di formazione ed esperienza ci hanno regalato nel campo della consulenza di coppia. Siamo consapevoli di non poter essere minimamente esaurienti, poiché l’argomento è enormemente vasto e variegato. Speriamo semplicemente di avere colto alcuni punti essenziali e aver trasmesso l’entusiasmo per quello che ogni giorno tentiamo di fare.

Ringraziamo ovviamente le persone che entrano nel nostro studio, che continuamente ci regalano una parte della loro vita e noi tentiamo di farne tesoro!

[1] Al contrario, gli eventi normativi sono quelli che ogni coppia, presto o tardi, è costretta ad affrontare: ad esempio, l’adolescenza e il matrimonio dei figli, la morte dei propri genitori, il raggiungimento dell’età pensionabile e via dicendo.

[2] Non c’è certezza, di questi tempi, sul fatto che il divorzio possa essere considerato un evento para-normativo. Alcuni lo considerano invece un evento facente ormai parte della vita di coppia. Basti pensare che, secondo i dati ISTAT, nel 2009 la percentuale dei divorzi è sfiorato il 20%, mentre le separazioni hanno superato il 28%.

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