#quantiricordi: ripensare a una prima esperienza

L’esperienza di tirocinio

Ripensavo in queste ore a una delle prime esperienze che ho fatto nel mio campo, quando ancora ero uno studente all’università; dovevo svolgere un tirocinio di 250 ore e scelsi di farlo in una struttura diurna del mio territorio. Era un centro pubblico, collegato all’Ulss, che si occupava di disagi psicologi e psichiatrci. Il mio compito era, a quel tempo, sostanzialmente di osservare: guardavo gli infermieri che si occupavano dei pazienti, gestivano i laboratori, qualche volta accompagnavano gli ospiti al di fuori della struttura. Io restavo con loro e osservavo, facendo spesso compagnia ai pazienti e, inevitabilmente, chiacchieravo col loro. Capitava a volte che qualcuno di loro mi chiedesse di parlare in privato e, sapendo quello che stavo studiando, si apriva con me e mi raccontava la sua storia.

Fu la mia prima occasione di vedere dal vivo quello che fino a quel momento avevo più che altro studiato sui libri.

Cosa ho imparato?

La prima cosa che mi colpì fu di come diventasse sempre più chiaro ai miei occhi che la distinzione tra “sano” e “malato”, “paziente” ed “esterno” fosse un’etichettatura; questo era estremamente utile ma anche molto arbitrario. Le persone con cui avevo modo di parlare riferivano una sofferenza, un disagio, ma le loro storie non erano sempre così diverse storie che possiamo sentire tutti i giorni. Sembrava come se il trovarle lì dentro rendesse queste persone diverse. Tuttavia, parlare con loro permetteva di andare oltre quell’etichetta e di vederle come qualcuno di diverso.

Quindi?

Capii con il tempo che questo è un pensiero molto importante quando si ha a che fare con una persona. In particolare, questo vale quando la persona è portatrice di una sofferenza: il saper andare oltre l’etichetta, lo stereotipo, il primo giudizio che viene da formulare. La curiosità (in senso cecchiniano) di andare a vedere cosa c’è oltre e vedere così la persona, e non la diagnosi.

La diagnosi, ovviamente, è utile; permette agli specialisti di dialogare tra loro, di parlare un linguaggio comune, di avere un’idea della persona che hanno di fronte. Tuttavia, l’andare oltre a questo è vedere chi ho di fronte! Questo è stato, in quella occasione, l’insegnamento più prezioso!

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